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14 apr 2008




Penso che chiunque di voi usi il caro e vecchio Mulo che ti fa avere Film e musica gratis dalla rete senza doversi scomodare da casa ma penso che nessuno sappia come funziona, se è legale, e quali controindicazioni abbia il suo utilizzo...

Mi raccomando, non prendete questo post come uno scoraggiamento all'utilizzo e tanto meno vi raccomandiamo di usarlo, queste sono semplici informazioni libere da qualunque azione conseguente.

Chi di voi fosse interessato a questa guida completa sul p2p la può leggere cliccando su




Generalmente per peer-to-peer (o P2P) si intende una rete di computer o qualsiasi rete informatica che non possiede client o server fissi, ma un numero di nodi equivalenti (peer, appunto) che fungono sia da client che da server verso altri nodi della rete.

Questo modello di rete è l'antitesi dell'architettura client-server. Mediante questa configurazione qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione. I nodi equivalenti possono differire nella configurazione locale, nella velocità di elaborazione, nella ampiezza di banda e nella quantità di dati memorizzati. L'esempio classico di P2P è la rete per la condivisione di file (File sharing).

In Microsoft tendono a definire con il termine peer–to–peer una rete di due o più computer in cui tutti gli elaboratori occupano la stessa posizione gerarchica. Tale modalità è normalmente conosciuta con il termine Gruppo di Lavoro, in antitesi alle reti in cui è presente un dominio centralizzato.


Utilizzo

Il termine può essere tecnicamente applicato a qualsiasi tipo di tecnologia di rete e di applicazioni che utilizzano questo modello, come per esempio il protocollo NNTP utilizzato per il trasferimento delle notizie Usenet, ARPANET, applets java, live chat decentralizzate o le BBS di Fido Net. Il termine frequentemente viene riferito alle reti di file sharing (condivisione file) come Gnutella, FastTrack, e l'ormai defunto Napster che forniscono, o per Napster forniva, il libero scambio (e qualche volta anonimo) di file tra i computer connessi a Internet.

Alcune reti e canali, come per esempio Napster, OpenNap o IRC usano il modello client-server per alcuni compiti ( per esempio la ricerca ) e il modello peer-to-peer per tutti gli altri. Proprio questa doppia presenza di modelli, fa sì che tali reti siano definite "ibride". Reti come Gnutella o Freenet, vengono definite come il vero modello di rete peer-to-peer in quanto utilizzano una struttura peer-to-peer per tutti i tipi di transazione, e per questo motivo vengono definite "pure".

Quando il termine peer-to-peer venne utilizzato per descrivere la rete Napster, implicava che la natura a file condivisi del protocollo fosse la cosa più importante, ma in realtà la grande conquista di Napster fu quella di mettere tutti i computer collegati sullo stesso piano. Il protocollo "peer" era il modo giusto per realizzarlo.

Utilizzi futuri

Utilizzi più innovativi prevedono l'utilizzo delle reti peer-to-peer per la diffusione di elevati flussi di dati generati in tempo reale come per esempio programmi televisivi o film. Questi programmi si basano sull'utilizzo delle banda di trasmissione di cui dispongono i singoli utenti e la banda viene utilizzata per trasmettere agli altri fruitori il flusso dati. Questa tipologia di programmi in linea di principio non richiede server dotati di elevate prestazioni, dato che il server fornisce i flussi video a un numero molto limitato di utenti, che a loro volta li ridistribuiscono ad altri utenti.

Questo metodo di diffusione permette in teoria la trasmissione in tempo reale di contenuti video, ma richiede che i singoli utenti siano dotati di connessioni ad elevata banda sia in ricezione che in trasmissione, altrimenti si arriverebbe rapidamente a una saturazione della banda fornita dal server. Questo limita la diffusione di questa tecnologia in Italia, dove sono molto diffuse linee asimmetriche (ADSL) che forniscono una banda elevata in ricezione, ma scarsa in trasmissione. Programmi che diffondono in tempo reale contenuti video sono diventati discretamente popolari nel 2006 durante i campionati mondiali di calcio svoltisi in Germania. Avendo la RAI acquistato solo alcune partite del campionato, molte persone utilizzavano programmi che, appoggiandosi a server in paesi esteri (spesso cinesi), permettevano di visionare la partite con una qualità video accettabile.

È da notare che sebbene in questi contesti spesso si parli di server, la tecnologia rimane comunque una tecnologia peer-to-peer, dato che il server serve da indice, sincronizza i vari utilizzatori che condividono la banda e fornisce il flusso di dati iniziale che poi gli utenti condividono. Quindi sebbene tecnicamente sia un server in pratica, dopo aver fornito il flusso dati iniziale ed aver messo in comunicazione i vari utenti, il server si disinteressa della comunicazione che diventa totalmente peer-to-peer.

Utilizzando questa tecnologia grandi società stanno sperimentando la possibilità di fornire contenuti a pagamento tramite tecnologie peer-to-peer. Questo scelta è motivata dal fatto che la tecnologia peer-to-peer non richiede server di grandi dimensioni per gestire molti utenti, dato che se la rete è ben bilanciata si autosostiene e quindi è indipendente dal numero di utenti. Vanno ancora risolti però problemi legati alla diffusione di materiali protetti dai diritti d'autore, e vi sono quindi, oltre agli inevitabili problemi di carattere tecnico, problemi di carattere legale e di affidabilità. Prima di lanciare servizi a livello nazionale vanno anche effettuate delle fasi di test per individuare eventuali anomalie o difetti; la diffusione su vasta scala di questa tipologia sembra quindi non essere imminente.

Controversie legali

I tipi di file maggiormente condivisi in questa rete sono gli mp3, o file musicali, e i DivX i file contenenti i film. Questo ha portato molti, soprattutto le compagnie discografiche e i media, ad affermare che queste reti sarebbero potute diventare una minaccia contro i loro interessi e il loro modello industriale. Di conseguenza il peer-to-peer divenne il bersaglio legale delle organizzazioni che riuniscono queste aziende, come la RIAA e la MPAA. Per esempio il servizio di Napster venne chiuso da una causa intentata dalla RIAA. Sia la RIAA che la MPAA spesero ingenti quantità di denaro al fine di convincere i legislatori ad approvare restrizioni legali. La manifestazione più estrema di questi sforzi risale al gennaio 2003, quando venne introdotto, negli U.S.A., un disegno di legge dal senatore della California Berman nel quale si garantivano, al detentore del copyright, i diritti legali per fermare i computer che distribuivano materiale tutelato dai diritti d'autore. Il disegno di legge venne respinto da una commissione governativa Statunitense nel 2002, ma Berman lo ripropose nella sessione del 2003.Risale, invece, al 2004 la "Legge Urbani" nella quale viene sancita la possibilità di incorrere in sanzioni penali anche per chi fa esclusivamente uso personale di file protetti.

Però nel 2007 la III sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 149/2007, ha accolto il ricorso presentato da due studenti torinesi, condannati in appello ad una pena detentiva, sostituita da un’ammenda, per avere «duplicato abusivamente e distribuito» programmi illecitamente duplicati, giochi per psx, video cd e film, «immagazzinandoli» su un server del tipo Ftp (File transfer protocol).


I reati contestati ai due ricorrenti erano quelli previsti dagli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d’autore, la numero 633/41, sottoposta a tutta una serie di modifiche in anni recenti: nell’ultima formulazione, il primo prevede «la punibilità da sei mesi a tre anni, di chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae»; il secondo punisce con la reclusione da uno a quattro anni chi «riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi».

Ebbene, per la Cassazione in primo luogo è da escludere per i due studenti la configurabilità del reato di duplicazione abusiva, attribuibile non a chi in origine aveva effettuato il download, ma a chi semmai si era salvato il programma dal server per poi farne delle copie. Ma soprattutto «deve essere escluso, nel caso in esame, che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall’accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server Ftp». Per «fine di lucro», infatti, «deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di genere; nè l’incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall’uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell’ingegno, al di fuori dello svolgimento di un’attività economica da parte dell’autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l’abuso».

Da quel momento in poi le reti "peer-to-peer" si espansero sempre di più, si adattarono velocemente alla situazione e divennero tecnologicamente più difficili da smantellare, spostando l'obiettivo delle major sugli utenti. Qualcuno ha cominciato ad affermare che queste reti potevano diventare un modo per consentire a malintenzionati di nascondere la propria identità. Altri dicevano che per essere completamente immuni dalle major fosse necessario creare una rete wireless ad hoc in cui ogni unità o computer fosse connessa in modo equivalente (peer-to-peer sense) a quella vicina.

E' bene precisare che in Italia chiunque effettua il download di un'opera protetta dal diritto d'autore e la mette in condivisione commette un illecito penale (è l'art. 171, lett. a-bis, lda). La norma è chiarissima: è punito chiunque lo fa "senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma". La pena è una multa da 51 a 2.065 euro, ma è possibile evitare il processo penale pagando la metà del massimo previsto (quindi circa mille euro) e le spese del procedimento. I programmi di P2P più diffusi mettono automaticamente in condivisione un file mentre questo viene scaricato, per cui se viene effettuato il download di materiale protetto da diritto d'autore mediante uno di essi si concretizza la fattispecie penale.

Inoltre, la violazione del suddetto articolo comporta altresì l'irrogazione di una sanzione amministrativa pari al doppio del prezzo di mercato dell'opera o del supporto oggetto della violazione (art. 174-bis lda), ma detta cifra non può essere mai inferiore a 103 euro.

Problematiche di sicurezza e privacy

Oltre agli attacchi che una rete aperta può subire, anche i computer che ad essa accedono possono essere soggetti a problematiche di security e privacy. Per la stessa filosofia del P2P quasi tutti i programmi di file-sharing richiedono per la sopravvivenza del sistema di avere sul proprio computer dei file condivisi e che quindi possano essere a disposizione degli utenti che ne fanno richiesta. Questo implica da un lato la condivisione di un’area del disco sulla quale mettere i file a disposizione, dall’altro consentire il libero accesso ad alcune porte del computer. Già di per sé questo porta ad avere un aumento dei problemi di security, in quanto chiunque ha la possibilità di entrare su quelle porte. Se poi si considera l’enorme incremento degli utenti e l’utilizzo di linee a banda larga, ormai alla portata di tutti, questi problemi, che una volta potevano essere trascurabili, diventano prioritari. Ciò rende fondamentale l’utilizzo di sistemi di difesa come antivirus, firewall, programmi di pulizia dei file di registro e di rimozione degli agenti infettivi: virus, spyware, trojan o malware. Il migliore aiuto che si può dare a questi sistemi di difesa è costituito dalla propria cultura informatica che consente di riconoscere ed evitare l’introduzione nel proprio computer di questi agenti, invece di scaricarli incautamente da altri utenti del P2P. A volte il diritto alla riservatezza può nascondere l’azione di chi, non avendo interesse allo sviluppo del P2P o ritenendosi addirittura danneggiato da esso, oppure per semplice vandalismo, mette intenzionalmente in condivisione file infetti, corrotti o non corrispondenti a quanto dichiarato. È fondamentale poi, a salvaguardia della privacy, la propria attenzione nell’evitare di condividere porzioni di disco nelle quali incautamente sono stati depositati dati personali o aziendali (nel caso di chi utilizza il computer dell’ufficio), riferimenti a conti correnti o a password. Una frase diventata famosa riassume bene il concetto: “inutile criminalizzare sistemi di file-sharing, nati proprio come strumento collaborativo, laddove è assente una politica aziendale improntata alla sicurezza e alla conoscenza” (pubblicato sul Punto Informatico del 29 ottobre 2004).